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27 Giugno 2019

Riflessioni sul tema delle attività di R&S e dei relativi incentivi Industria 4.0

Le recenti attenzioni che il mondo dei media ha riservato al tema delle attività di ricerca e sviluppo – e ai relativi incentivi previsti dal piano nazionale Industria 4.0 – ha fornito al Centro Ricerche e Studi dei Laghi, spin-off accademico della Scuola Superiore Carolina Albasio di Castellanza, l’occasione per ribadire i criteri, i valori e i principi che ne guidano l’azione sin dalla sua fondazione.

Per fare questo ci siamo rivolti a due figure chiave del Centro – il dr. Marco Claudio Colombo e il dr. Sirio Cividino – professionisti coinvolti in prima persona nei numerosi progetti di investimento in innovazione attraverso cui CRSLaghi supporta le aziende italiane che possono appunto beneficiare delle misure agevolative destinate a chi intraprende progetti innovativi di ricerca e sviluppo.


Dr. Marco Claudio Colombo, Dottore in Giurisprudenza e Consigliere Giuridico di CRSLaghi


Da chi e come sono regolate le attività di ricerca scientifica?
Il Legislatore Italiano, ritenendo l’attività di ricerca un elemento essenziale per la crescita economica e sociale del Paese, ha promosso un Piano Nazionale Impresa 4.0 (precedentemente noto come Industria 4.0) al fine di sostenere le aziende italiane che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo. Tale piano si sostanzia in una moltitudine di interventi legislativi, fra cui si annoverano a titolo esemplificativo, oltre alle normative in tema di credito d’imposta, il decreto-legge n. 69 del 2013 c.d. “Nuova Sabatini” e il decreto MEF del 28 novembre 2017 c.d. “Patent Box”. La volontà delle Istituzioni nell’incentivare l’innovazione ha radici lontane, poiché già nel corso degli ultimi 15 anni si sono susseguite diverse misure normative, quali ad esempio la Legge n. 296 del 27 dicembre 2006 e il Decreto-Legge n. 70 del 13 maggio 2011 che istituivano crediti d’imposta a favore di attività di ricerca e sviluppo. Il Legislatore Italiano ha inoltre recentemente confermato tale visione, emanando ulteriori norme volte a stimolare l’attività di ricerca e sviluppo, quali ad esempio il Decreto-Legge n. 34 del 30 aprile 2019 (Decreto Crescita), che istituisce misure premiali, aggiuntive rispetto a quelle già esistenti, per l’esecuzione di progetti di ricerca relativi alle tematiche dell’economia circolare. Si ritiene pertanto che il Legislatore Italiano abbia una ferma convinzione nel considerare l’attività di ricerca un motore fondamentale per il presente e per il futuro del Paese.


Come si possono definire in modo inequivocabile i criteri di innovazione nell’ambito di ricerca e sviluppo?
Gli aspetti tecnico-scientifici dell’attività di ricerca e sviluppo sono disciplinati a livello internazionale dal Manuale di Frascati, un testo scientifico che propone delle linee guida in tema di ricerca e sviluppo per tutti gli Stati aderenti l’OCSE. Il capitolo secondo del Manuale di Frascati stabilisce le definizioni di ricerca di base, ricerca applicata e sviluppo sperimentale, fornendone esempi in diversi ambiti e determinandone le caratteristiche costitutive. In particolare le attività di ricerca e sviluppo devono possedere contemporaneamente cinque criteri: novità, creatività, incertezza, sistematicità e trasferibilità. Inoltre, esclusivamente per lo specifico tema dello sviluppo software, affinché un progetto in tale ambito sia classificabile come ricerca e sviluppo è necessario che il suo completamento richieda un progresso scientifico e/o tecnologico e che l’obiettivo del progetto debba essere la risoluzione sistematica di un’incertezza scientifica e/o tecnologica. Infine in questa sede giova ricordare che, come già precisato dalla Circolare 5E/2016 dell’agenzia delle Entrate, possono essere svolte attività di ricerca anche in ambiti diversi da quelli scientifico e tecnologico (ad esempio, in ambito storico o sociologico) atteso che, in linea generale, le attività di ricerca e sviluppo siano volte all’acquisizione di nuove conoscenze, all’accrescimento di quelle esistenti e all’utilizzo di tali conoscenze per nuove applicazioni.


La norma vigente lascia adito a interpretazioni dal punto di vista legale, tecnico-scientifico e fiscale?
Il vigente quadro normativo in tema di credito d’imposta è stato oggetto di diversi emendamenti nel corso degli anni e di molteplici interventi di chiarimento da parte dell’Agenzia delle Entrate tramite circolari e risoluzioni. Proprio in ragione dell’evidente complessità e incertezza giuridica del tema trattato, della costante mutevolezza delle normative – nonché in considerazione delle intrinseche difficoltà tecnico-scientifiche connesse all’attività di ricerca e sviluppo – l’Agenzia delle Entrate con la Circolare 13/E del 2017 ha ritenuto opportuno concedere ai contribuenti, che in buona fede hanno adottato interpretazioni difformi rispetto a quelle successivamente pubblicate dall’Agenzia delle Entrate, di regolarizzare la propria posizione secondo le ordinarie regole, senza applicazione di sanzioni, provvedendo al versamento dell’importo del credito indebitamente utilizzato in compensazione, e dei relativi interessi, e presentando apposita dichiarazione integrativa. In ultima istanza, sebbene siano stati effettuati diversi interventi di chiarimento, a oggi permangono ancora profili di incertezza, in particolare riguardo al rapporto fra la misura che istituisce la figura dell’innovation manager rispetto alla normativa del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo.


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Dr. Sirio Cividino, Dottore di Ricerca in Meccanica ed Ingegneria Agraria presso l’Università di Udine e Coordinatore Tecnico-Scientifico di CRSLaghi


Quali sono i caratteri distintivi che definiscono le varie tipologie di ricerca scientifica?
Le distinzioni sono estremamente chiare e precise così come vengono riportate nel Capitolo 2 del Manuale di Frascati (“Concetti e definizioni per l’identificazione delle attività di Ricerca e Sviluppo”), dove sono definiti i tre ambiti principali in cui si distingue un’attività di ricerca scientifica:

  • la “ricerca di base”, che è un lavoro sperimentale o teorico intrapreso principalmente per acquisire nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e fatti osservabili, senza particolari applicazioni o utilizzi in vista.
  • la “ricerca applicata”, che è un’indagine originale intrapresa per acquisire nuove conoscenze ed è tuttavia destinata principalmente a uno scopo o obiettivo specifico e pratico.
  • lo “sviluppo sperimentale”, che è un lavoro sistematico, basato sulle conoscenze acquisite dalla ricerca e dall’esperienza pratica e sulla produzione di conoscenze supplementari, finalizzato alla creazione di nuovi prodotti o processi o al miglioramento di prodotti o processi esistenti.


Cosa significa per un’impresa “fare ricerca” oggi?
Avviare un progetto di ricerca significa dedicare risorse, sacrifici e idee per evolversi in modo innovativo e creativo, sviluppando progetti attinenti al proprio business in grado di offrire un ulteriore vantaggio competitivo. Vuole dire fondamentalmente “investire”, in personale interno e competenze esterne, per stimolare la propria intelligenza a creare ulteriori strumenti di crescita e per modellarsi ex novo su processi più concorrenziali.
Per impresa e imprenditore è una grande sfida che non offre garanzie di risultato, comporta un investimento economico di un certo rilievo ed è slegata dalla produzione vera e propria.
Fare ricerca oggi significa dunque mettersi totalmente in gioco, affrontare tematiche molto spesso sconosciute e incerte, che costringono a rivedere i confini delle proprie conoscenze e competenze: è una grande opportunità motivazionale di autoanalisi e autocritica. Questa è una visione che generalmente manca alla cultura di impresa italiana, ma le Istituzioni si stanno muovendo verso questa direzione e le agevolazioni fiscali legate alle attività ricerca e sviluppo possono contribuire proprio a “fare cultura”.


Entro quali perimetri si svolge un’attività di ricerca?
Premessa indispensabile per ogni progetto di ricerca è una prima fase di studio e valutazione (non agevolabile) che permette di cogliere al meglio gli elementi di innovazione, calandosi nei vari contesti, sviluppando, prototipando e testando diverse possibili soluzioni. Come insito in ogni tipo di ricerca, in questo step preliminare si registrano rilevanti soglie di incertezza e la prima fase non sempre va a buon fine.
I progetti non riguardano comunque unicamente ambiti scientifici, ma si estendono anche in campo economico, giuridico, relazionale, sociale e comportamentale. Come sempre è il Manuale di Frascati a fornire linee guida precise anche in questo contesto, cogliendo la complessità dei processi di ricerca e sviluppo all’interno dei più disparati comparti di un’azienda. Il concetto di R&S non può infatti avere un’accezione limitativa, ma deve aprirsi anche ad ambiti diversi e complessi, il che comporta un approccio estremamente sfidante per le aziende e gli imprenditori, che devono prevedere nuove strategie a livello di comunicazione, marketing, formazione, attività socio-psicologiche per implementare e arricchire la “risorsa” umana, una vera e propria “ricchezza” da valorizzare attraverso soluzioni di smart working, welfare, lavoro destrutturato e così via.


In quale alveo viene guidata un’azienda nelle proprie attività di R&S?
Un centro di studi e ricerche deve innanzitutto certificare il rigore tecnico-scientifico del progetto di ricerca, dimostrarne la pertinenza, valutarne i criteri di novità, creatività, incertezza, sistematicità e trasferibilità.
Intraprende un percorso di garanzia sul metodo, sulla qualità del lavoro e dei professionisti che lo svolgono, ed è coinvolto in un progetto di collaborazione e co-organizzazione con ogni singolo committente, generando un modello virtuoso e pro-attivo nel sistema produttivo delle aziende, che possono fare network e inaugurare reti d’eccellenza, dialogando con altri partner anche per altri progetti non strettamente connessi a R&S.

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